Progetti Nazionali 2015

“… Progetta sempre una cosa considerandola nel suo più grande contesto, una sedia in una stanza, una stanza in una casa, una casa nell’ambiente, l’ambiente nel progetto di una città…” (Eliel Saarinen)

L’augurio che facciamo ad Alice, Francesca, Maria, Giorgia, Angela, Marta, Daniela, Francesco, Nerina, Emanuele, Caterina, Giovanni, Elena, Giulia, Giada, Silvia, Gilda Anna, Valentina, Zeudy, Sara, Chiara, Anna, Giovanna, Elisa, Francesca, Piera, Alessandra, Tanita, Alessia, Sarah, Valentina, Giuseppe, Francesca, è di vivere questa esperienza di servizio civile nelle cooperative sociali come un’esperienza di educazione alla non violenza e alla solidarietà sociale.

Costruendo reti solidali

L’area d’intervento si riferisce all’assistenza alle persone disabili adulte, in particolare a persone con disabilità mentale medio-grave in età giovane/adulta dai 18 ai 65 anni, che hanno adempiuto all’obbligo scolastico e che sono inserite in strutture socio-educative (Centri Diurni) e residenziali (Comunità Alloggio). Il contesto territoriale è quello dei comuni afferenti all’Azienda ULSS n. 15 di Cittadella-Camposampiero (PD) detta Alta-Padovana.

Il progetto “Costruendo reti solidali” mira a sostenere e potenziare le attività dei centri diurni e delle comunità alloggio come risposta alle criticità legate all’innalzamento dell’età delle persone disabili e delle loro famiglie e al passaggio alla residenzialità.

Sono sempre di più le persone con handicap che vivono con genitori di cui l’età è al di sopra dei 65 anni, o vivono con un genitore solo o, ancora, con altri familiari. Non sempre questi contesti sono in grado di sostenere le esigenze quotidiane della persona disabile. Bisogni che non sono solo assistenziali ma anche educativi, sociali, di relazione con gli altri.

Questo tipo di situazioni stanno aumentando nel territorio dell’Azienda Ulss n. 15 dell’Alta Padovana e la risposta più adeguata è sicuramente un sostegno alle attività dei centri diurni in grado di garantire il benessere globale del disabile senza allontanarlo dal proprio luogo di origine, mantenendo quei legami affettivi e sociali che si sono creati nel tempo e che fanno parte della sua storia. Aiutarlo nel mantenere e coltivare le proprie autonomie e sostenere il familiare di riferimento contribuisce a procrastinare o addirittura ad eliminare l’eventualità di una sua istituzionalizzazione.

La realizzazione del progetto permetterà alle persone con disabilità medio-grave di mantenere la propria dignità di persona adulta in grado di rispondere in maniera attiva ai bisogni della propria esistenza, costituendo anche un punto di riferimento per la famiglia.

Infatti, la famiglia e le reti relazionali significative continueranno a ricoprire un ruolo centrale nella vita della persona disabile, nei suoi spazi e con i suoi legami di sempre, pur con notevoli tempi di “sollievo”. La famiglia ritrova, dunque, nella serenità del sostegno, il ruolo educativo ed affettivo che le compete, di presenza e punto di riferimento.

Inoltre, il progetto interverrà anche nel contesto territoriale creando delle occasioni e opportunità per rendere accessibile il territorio all’utente, promuovendo una cultura di accoglienza, senza pregiudizio o paura, nei confronti delle problematiche delle persone disabili adulte e delle loro famiglie.

Ciò è ancora più significativo se si considera la situazione nel territorio dell’A. Ulss n. 15: in esso si registra un aumento di situazioni a rischio che necessitano di residenzialità, e che in questo momento trovano una risposta limitata in quanto le strutture adeguate sono insufficienti. L’aumento delle richieste di residenzialità è dovuto principalmente all’innalzarsi dell’età delle persone disabili e dei caregivers, che rende difficile la gestione di tali situazioni in ambito domestico.


Percorsi di partecipazione

Il presente progetto, si realizza in Centri Diurni (CD) dell’Azienda ULSS n. 16 di Padova, a favore quindi di quelle persone con disabilità medio-grave che, avendo terminato il percorso formativo nell’ambito scolastico e non potendo essere inserite in un percorso per l’acquisizione di un ruolo lavorativo, necessitano di percorsi socio-assistenziali, rimanendo nel proprio contesto familiare o in strutture protette.

Il progetto pone come prioritaria l’individuazione di risposte verso quei problemi che coinvolgono le persone disabili e i loro familiari, legati alla loro inclusione sociale, al loro invecchiamento, alla riduzione dei nuclei familiari e ai forti pregiudizi nei confronti della disabilità.

Con riferimento all’area della disabilità adulta, le problematiche emergenti si possono sintetizzare in questi punti:

  • il processo di invecchiamento delle persone con disabilità comporta un aggravamento delle loro condizioni, un deterioramento delle funzioni intellettive;
  • i nuclei familiari, ristretti e composti da persone anziane, sono in difficoltà nel sostenere i gravi carichi che l’assistenza al proprio congiunto disabile comporta.
  • le richieste di inserimento di persone con disabilità in strutture residenziali saranno destinate ad aumentare; ciò è ulteriormente avvalorato se si pensa che, in base alla speranza di vita media, si può stimare che circa il 50 per cento delle persone con disabilità che vivono in famiglia con il ruolo di figli, saranno costretti a vivere senza i genitori per un periodo che può arrivare fino a venti anni!

Da queste problematiche, scaturiscono i seguenti bisogni, sui quali il presente progetto intende intervenire:

  • le persone disabili che frequentano i Centri Diurni, in età superiore ai 40 anni manifestano un bisogno di maggiori interventi individuali che stimolino la conservazione delle autonomie personali raggiunte, e di vivere maggiori occasioni di scambio, di comunicazione, di relazioni sociali, anche nel tempo libero. Il rischio infatti di perdere le competenze acquisite aumenta con l’aumentare dell’età come pure aumenta il rischio di una chiusura nei confronti del mondo esterno, di una sempre minore iniziativa verso gli altri e scarsa reattività agli stimoli esterni. Per queste persone è inoltre importante coltivare le relazioni con il proprio territorio di appartenenza, frequentando anche persone diverse da quelle abitualmente frequentate all’interno del centro diurno. A questo proposito sono un’importante risorsa le associazioni di volontariato, le associazioni culturali, le associazioni sportive che mettono a disposizione delle persone disabili una ricca offerta di opportunità di inclusione sociale.
  • per le persone disabili, in età superiore ai 40 anni, che frequentano i Centri diurni e che vivono in famiglia emerge anche il bisogno di fare delle esperienze in ambienti diversi dalla propria famiglia per vivere in modo non traumatico il momento in cui dovranno affrontare il passaggio in una struttura residenziale.
  • i familiari, spesso soli e anziani, che vivono con una persona disabile, manifestano il bisogno di essere sostenuti nell’assistenza dei propri figli, fintantoché sono in grado di tenerli in famiglia. Vivono con angoscia il momento in cui non saranno più in grado di prendersi cura di loro e tendono a trattenerli in casa e ad accudirli finché ne hanno la forza e la possibilità. Hanno quindi bisogno di essere accompagnati nel momento in cui sarà necessario ricorrere a soluzioni di residenzialità, per vivere serenamente questo difficile passaggio
  • un ulteriore bisogno da parte delle persone disabili e delle loro famiglie, è quello di vivere in una società più informata e quindi più accogliente, più solidale, nella quale le differenze, da barriere, possano diventare ricchezze.

E’ con queste finalità che il progetto “Percorsi di partecipazione” intende sostenere i Centri Diurni gestiti dalle Cooperative  aderenti al progetto stesso.


Tempo di relazione

Il percorso della vita sottopone ognuno di noi, soprattutto in questo ultimo periodo, a molteplici difficoltà. Non tutti davanti ai possibili problemi reagiamo allo stesso modo. Essi ci richiedono continuamente uno sforzo di riadattamento alla nuova situazione che può portarci ad una situazione di benessere ed equilibrio o in caso negativo, a condizione di disagio, a volte anche molto profondo. Nel calibrare sofferenza e reazione alle difficoltà molte persone, soprattutto le più fragili, incorrono in pesanti distonie che portano a sviluppare dei veri e propri disturbi mentali. Inoltre, spesso, in questi individui un’intensa sofferenza psichica protratta nel tempo, va ad incidere su tutti gli aspetti del vivere quotidiano, favorendo l’insorgenza di molteplici altre problematiche: mancanza di lavoro e di relazioni significative, dipendenze, sofferenze legate alla malattia stessa

Le persone affette da disturbi psicologici vengono trascurate e addirittura discriminate molto più spesso di quanto si pensi: in moltissimi casi loro stesse evitano di chiedere aiuto (rinunciando alle visite e alle terapie più opportune) per paura: paura delle persone che li circondano, paura del loro giudizio, paura di una reazione negativa da parte di tutta la comunità sociale. Altri soggetti invece dopo aver accettato e superato un percorso di cura e riabilitazione non riescono comunque a recuperare i propri ruoli sociali e ad integrarsi nuovamente nella comunità in quanto trovano un contesto di accoglienza (famiglia, scuola, azienda, famiglia, vicinato,….) legato a pregiudizi, luoghi comuni, stereotipi. Ancora oggi il “malato di mente” è rappresentato incredibilmente come una persona che, vivendo un profondo disagio, non ha in sé le risorse necessarie per superarlo e ritornare a vivere. Gli viene dunque negata la condizione di soggetto di diritto.

Inoltre in questo ultimo periodo stanno, sempre di più, emergendo situazioni legate alla grave marginalità sociale, in particolare sta aumentando il numero di persone senza fissa dimora che manifestano un disagio esistenziale spesso accompagnato da disturbi psichiatrici, il cui trattamento risulta indispensabile per la definizione di progetti individualizzati di presa in carico; nel contempo presentano difficoltà nell’accesso ai servizi di salute mentale, limitando la possibilità di proporre adeguati interventi terapeutico-riabilitativi.

Da qui nasce la necessità di realizzare il progetto “Tempo di relazione”, nel territorio dell’Azienda ULSS n. 16 di Padova, per sostenere e potenziare le attività dei servizi diurni e residenziali come risposta alle criticità del disagio adulto legate allo stigma concernente la malattia psichiatrica ed alle necessità legate al reinserimento sociale del malato, in vista della restituzione allo stesso del diritto di cittadinanza e di tutte quelle relazioni essenziali al suo benessere e alla sua salute e dunque al miglioramento della sua qualità di vita.


Educare al territorio… NaturalMente

Il progetto “Educare al territorio…NaturalMente” ruota intorno alla natura e all’ambiente come risorsa e ricchezza per l’uomo. Il territorio va considerato come qualcosa di più di un’area geografica, ovvero è l’insieme dell’ambiente e delle persone che ci vivono, delle loro attività, adattate alle caratteristiche proprie del luogo, è il risultato di un’interazione che oggi più che mai è importante andare a stimolare e mantenere. Il progetto si basa proprio sulla stretta relazione tra uomo e ambiente naturale, andando a coinvolgere entrambe le direzioni di questo rapporto. I minori oggi stanno sempre più perdendo il contatto con la Natura, il gioco in essa e la scoperta, autonoma o accompagnati dagli adulti, del loro territorio.

I ritmi di vita degli adulti – dei genitori – la difficile congiuntura economica del momento, l’organizzazione delle città e della società in generale, sono fattori che portano i minori a spendere una parte molto significativa del loro tempo nelle loro abitazioni, spesso soli, ancor più spesso davanti alla televisione o a video-giochi.

Insieme al contatto con la Natura, va perdendosi anche la capacità di intraprendere relazioni, di stringere legami spontanei con gli altri minori coetanei e non. Il tempo dei più piccoli è tutto strutturato e organizzato e nel tempo libero si trovano, appunto, spesso soli. Viene a mancare lo stimolo alla socializzazione che viene dal confronto spontaneo con i pari, che nel passato in molte occasioni avveniva proprio in contesti più o meno naturali, come i giardini, i parchi pubblici, la campagna. Ecco quindi che i legami, con la Natura e con le persone, sono dimensioni che si incrociano e che sono oggi fortemente indebolite nel contesto in cui viviamo.

Il progetto punta quindi a sviluppare la creazione e interventi di animazione nel territorio, rivolti principalmente ai minori, che puntano a stimolare una cultura di rispetto verso l’ambiente in generale e di una sana socialità, basata sulle relazioni interpersonali e su una equilibrata relazione con la natura. L’ambiente naturale costituisce uno stimolo molto significativo per far vivere a bambini e ragazzi la dimensione del gruppo, in cui si esercita il rispetto delle regole alla base della convivenza e il rispetto di sé, degli altri e dell’ambiente.

Il progetto è realizzato dalla Cooperativa Sociale Terra di Mezzo impegnata da più di dieci anni nel settore dell’educazione e della promozione culturale, ponendo molta importanza nella costruzione di una “rete territoriale” che unisca soggetti e risorse del territorio attivi nella promozione dello stesso. La rete così intesa, oltre a offrire agli utenti dei servizi una proposta ricca, diversificata e di facile accesso, è occasione per unire luoghi e gruppi di persone, per promuovere un percorso di crescita dell’intera comunità, favorendo una cultura di solidarietà sociale.

Il progetto “Educare al territorio..naturalMENTEinteressa il territorio del Parco Regionale dei Colli Euganei interamente compresi nella Provincia di Padova.


Scommettiamo in salute

Il progetto SCOMMETTIAMO IN SALUTE è attuato da Sonda Società Cooperativa Sociale Onlus, che nasce nel 1995 per volontà di alcuni operatori pubblici, impiegati nel settore delle dipendenze, e di operatori sensibili alle tematiche della prevenzione del disagio con l’obiettivo di promuovere la salute globale delle persone stimolandole a sviluppare la propria autonomia.

Si realizza nella provincia di Treviso e in particolare l’ambito territoriale di riferimento è l’Azienda Ulss n. 8 di Asolo. Si pone come finalità di migliorare i fattori di contesto (territoriali e personali) così da facilitare l’attuazione di percorsi riabilitativi per persone con problemi legati all’alcol e di doppia diagnosi segnalati dal servizio di Alcologia e Tabagismo (Ser.A.T.), dal Servizio Dipendenze (Ser.D.) e dal Centro di Salute Mentale (C.S.M.), nell’ambito della Comunità Terapeutica e del Centro Semiresidenziale dell’A.Ulss n. 8 di Asolo e del servizio Casa Famiglia. Inoltre, a conseguenza dell’emergere di nuove criticità legate al gioco d’azzardo e all’aumento di consumo dell’alcool nei giovani.

Il progetto pone particolare attenzione a questi fenomeni. Infatti, dall’analisi dei dati delle ricerche svolte a livello territoriale, i dati dell’ultimo Piano di Zona Azienda Ulss 8 Asolo nonché i dati rilevati dal Servizio di Alcologia, ci portano a evidenziare le seguenti criticità e i bisogni:

  • i bevitori a rischio nell’Ulss 8 (fascia 18-69 anni) sono il 19% rispetto al 14% della media nazionale, dato che preoccupa, se si tiene conto di come negli anni il consumo pro-capite di alcol sia comunque in diminuzione: pare dunque che nel nostro territorio le situazioni a rischio prescindano dal trend in diminuzione;
  • l’affluenza dei soggetti minori di 30 anni al Servizio ha visto un incremento del 18% nell’ultimo quinquennio, e le donne che hanno richiesto un trattamento sono aumentate del 10%.
  • negli ultimi anni la dipendenza da gioco d’azzardo rappresenta una tipologia di problema in crescita e il comportamento del soggetto interessato è molto simile a quello delle persone dipendenti da alcol o droghe, tanto da ritenere utile l’applicazione di analoghe strategie di intervento.
  • L’associazione tra problema di gioco d’azzardo e consumo di bevande alcoliche si è rilevata essere frequentissima, così come la presenza di problematiche di natura psichiatrica. Il trattamento del giocatore, che, come si diceva, risulta per molti aspetti analogo a quello dell’alcoldipendente, ha bisogno comunque di tenere conto di aspetti particolari quali il lavoro sulla gestione economica (si tenga conto di come si rivolgano al servizio persone con debiti elevatissimi, diventati incapaci di gestire il denaro e per i quali spesso necessita l’intervento di un amministratore di sostegno), un lavoro mirato sulla prevenzione delle ricadute (analogamente all’alcol, il gioco è parte integrante della nostra cultura: si gioca al bar, in autogrill, in ricevitoria, a casa on line…e prevenire le ricadute non può prescindere dal costruire una sorta di rete di protezione a sostegno della persona), un coinvolgimento della famiglia nel percorso, nonché una formazione specifica per gli operatori;
  • Un altro dato da rilevare, è che parte significativa dei soggetti con dipendenza da alcol e stupefacenti che richiedono un trattamento è affetta da patologie miste, complicate da disturbi psichiatrici secondari. Si parla dei cosiddetti casi di doppia diagnosi: sono situazioni complesse da trattare, che necessitano di interventi di trattamento coordinati a più livelli e di una rete di servizi di supporto che operi in sinergia. Va costruito un progetto di trattamento individualizzato che tenga conto sia degli aspetti relativi al comportamento di dipendenza e ai problemi correlati, senza prescindere dall’aspetto psichiatrico che comporta problematiche di personalità, dinamiche disfunzionali a livello comportamentale, trattamenti farmacologici di supporto;
  • L’alcolismo ha effetto sulle capacità occupazionali di una persona. L’uso di alcool provoca riduzione di produttività, diminuzione della capacità attentiva, incapacità di rispettare le regole del contesto lavorativo, ecc. Infatti, il 15-20% delle persone che si rivolgono ai servizi dedicati risulta essere disoccupato. La disoccupazione risulta maggiore tra coloro che necessitano di un programma residenziale (50% dei soggetti inseriti nella comunità pubblica) e tra coloro che sono portatori di patologie psichiatriche associate all’uso di sostanze. Un programma riabilitativo, dunque, deve prevedere, come tappa fondamentale per un efficace reinserimento sociale, un percorso finalizzato al recupero delle competenze occupazionali. Molte di queste persone non hanno le competenze necessarie per essere autonome nel processo di reinserimento, bensì necessitano di sostegno a più livelli per essere aiutate a rientrare nel mercato del lavoro: riabilitazione occupazionale, tirocini lavorativi, inserimenti in cooperative di tipo B, aiuto nella relazione con agenzie di lavoro o aziende.
  • Altro aspetto critico è il reinserimento familiare e abitativo. Molti utenti, completato il percorso riabilitativo in comunità, vivono l’assenza o l’inconsistenza di risorse familiari, non potendo così fruire dei necessari supporti per la prosecuzione del percorso di reinserimento sociale. La persona che termina il percorso terapeutico in struttura ha bisogno di una rete familiare, relazionale, sociale che la sostenga e la aiuti in particolare nel primo periodo post-trattamento, in cui il rischio di ricadute è elevatissimo anche a causa di una cultura in cui l’alcol è presente in ogni dove, in un contesto territoriale scarsamente sensibile ai problemi alcol-correlati. Per questa categoria di persone si rende necessario proporre soluzioni residenziali protette capaci di lavorare sulle risorse della persona potenziandone il livello di autonomia, nel rispetto delle specificità e delle attitudini del singolo. Tali servizi possono diventare una soluzione temporanea di breve durata, ponendosi come una sorta di “progetto ponte“ tra la comunità terapeutica e il futuro reinserimento familiare e sociale, ma anche prospettarsi come soluzioni residenziali a lungo termine per i soggetti più compromessi dal punto di vista delle autonomie e privi completamente di legami familiari su cui fare affidamento.
  • La dipendenza da alcol è causa di grave sofferenza per coloro che direttamente o indirettamente ne sono coinvolti. L’approccio prevalentemente medico al problema alcolcorrelato è stato superato, lasciando spazio ad un intervento ecologico in cui non si ritiene essere il singolo ad avere un problema da risolvere, bensì anche tutta la sua famiglia e la società in cui vive.
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